20.7.06

"No al vino di Pinocchio"

Trucioli di legno, invece dell’affinamento in barrique, per dare profumo e corpo al vino. Una barbarie enologica, una “taroccata” sprezzante delle tradizioni e della qualità che tuttavia rischia di trovare la via della legalità grazie al provvedimento dell’Unione Europea che ammette l’uso di trucioli di legno per l’invecchiamento artificiale dei vini italiani ed europei al posto del tradizionale passaggio nelle piccole botti di rovere, le barrique appunto. Per contrastare questo provvedimento si rafforza la mobilitazione per tutelare il vino italiano: Città del Vino, Coldiretti e Legambiente scendono di nuovo in campo e con loro Ermete Realacci, deputato dell’Ulivo e presidente dell’VIII Commissione alla Camera, che in questi giorni ha presentato una mozione, sottoscritta da parlamentari di maggioranza e opposizione, per chiedere al Governo un impegno contro la normativa dell’Unione Europea sull’uso dei trucioli e per tutelare il vino italiano di qualità.
La mozione è stata presentata, nel corso di una conferenza stampa presso la Sala stampa della Camera dei Deputati, alla quale hanno preso parte Ermete Realacci, deputato dell’Ulivo e presidente dell’VIII Commissione alla Camere (Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici), Roberto Della Seta, presidente di Legambiente, Stefano Masini, Responsabile Ambiente e Consumi di Coldiretti, Floriano Zambon, Presidente di Citta del Vino.
Nella mozione, che vede tra i firmatari anche gli On. Franceschini, Lion, Alemanno, Tabacci, Cacciari, Stradella, Sereni, Saglia, Orlando, Bianco, Stramaccioni, Mariani, Bressa, Soro, Oliverio, Fundarò, si chiede al governo un impegno specifico per intervenire presso tutte le sedi comunitarie affinché vengano privilegiate la qualità e le tipicità del vino italiano e tutelato il lavoro dei produttori vinicoli, scongiurando l’introduzione di sistemi produttivi che abbiano come obiettivo il livellamento dei gusti verso il basso; per definire, con una apposita normativa nazionale, regole e restrizioni nell’utilizzo della pratica in oggetto, in relazione alle varie categorie vinicole, assicurando il diritto dei consumatori a non essere ingannati attraverso l’adozione di chiare modalità di etichettatura; a precisare l’esclusione della pratica enologica dei trucioli di legno per i vini classificati Doc, Docg e Igt.
Il settore vinicolo. Qualche dato.Il settore vitivinicolo coinvolge in Italia circa 700.00 persone che ruotano attorno alla filiera produttiva; tra questi circa 560.000 sono impegnati tra vigneti e cantine, e i restanti 140.000 nella trasformazione e distribuzione. Dei circa 670.00 ettari di Vigneto Italia, solo 250.000 sono stati più o meno recentemente rinnovati; si suppone che la maggioranza di questi vigneti faccia parte di Denominazioni di origine; restano da rinnovare circa 400.000 ettari per un valore complessivo di 20 miliardi di euro, tenendo conto di un valore medio dei terreni di 50.000 euro ad ettaro.Il settore partecipa al sistema economico italiano per una quota di circa 20 miliardi di euro, di cui circa 9 miliardi sono imputabili al vino, mentre per l’indotto si stimano più di 2 miliardi di euro; volendo fare una ulteriore ripartizione di quest’ultimo dato, si possono quantificare circa 650 milioni di euro spesi per l’energia, 600 per le bottiglie, 100 milioni per i tappi, 160 milioni per le etichette e 240 milioni per il packaging (fonte: Ministero per le Attività Produttive).
A questi, vanno aggiunti anche i dati relativi al turismo del vino che ha riscontrato un sensibile incremento nel corso degli ultimi anni, sia in termini di giro d’affari (pari a circa 2,5 miliardi di euro), sia per il coinvolgimento di un’ampia fascia di turisti (circa 4 milioni di enoturisti), con un tasso di crescita stimato del 6%. (fonte: Osservatorio Turismo del Vino – Censis Servizi-Associazione nazionale Città del Vino). Inoltre, il turismo enogatronomico può avvalersi di ben 136 Strade del Vino e dei Sapori, non tutte ancora adeguatamente strutturate come strumenti di offerta turistica integrata, ma sicuramente testimoni di un fermento organizzativo in questo settore che può soltanto migliorare. Nel corso degli ultimi venti anni molte cose nel mondo del vino italiano sono cambiate. Proprio venti anni fa lo scandalo del metanolo (che provocò vittime e danni permanenti alle persone) segnò come una linea di confine tra vecchio e nuovo modo di “fare” vino, e la qualità è diventato il punto di riferimento costante. Una qualità che, partendo dal presupposto che il buon vino si fa nella vigna, ha contribuito allo sviluppo socio economico dei territori rurali, come testimoniano alcuni fattori:· la crescita del valore dei terreni vitati, l’incremento delle attività socio economiche legate al turismo enogastronomico (agriturismo, ristorazione tipica, bed & breackfast, ecc.);· l’accresciuto valore simbolico del patrimonio collettivo di un territorio, costituito dalle produzioni vitivinicole, artigianali, agro alimentari, dalla cultura, dal paesaggio, dalla bellezza dei borghi antichi, delle opere d’arte;· il riconoscimento sempre più marcato del valore ambientale dei vigneti come elemento di difesa dai rischi idrogeologici, dalla desertificazione, dagli incendi;· infine, la possibilità di utilizzo dei residui vegetali, dei sottoprodotti o dei prodotti di distillazione per il risparmio energetico o la produzione di bioetanolo.In pratica, possono essere creati, dei sistemi territoriali intorno al vino che sintetizzano e racchiudono varie forme di offerta: turistica, culturale, produttiva, di sostenibilità ambientale e di risparmio energetico.Rispetto a vent’anni fa produciamo meno vino (-37,4%), ma il prodotto vale di molto di più. Il fatturato è triplicato dal 1986 (+260%), come il valore dell’export (+250%). Il numero dei vini doc, docg e igt è raddoppiato: dalle 228 denominazioni del 1986 alle 450 del 2005; il loro peso nella produzione complessiva è più che quintuplicato, passando dal 10 al 58%. Intanto è fortemente diminuito anche l’impiego della chimica, a vantaggio della salute dei consumatori: dalle 44.680 tonnellate di agrofarmaci usati nel 1986 si è passati a poco più di 14.000, ben il 68% in meno! Diminuiti anche i consumi di acqua destinata all’irrigazione dei vigneti.L’Italia è il primo esportatore mondiale di vino in valore, con il 25% del fatturato globale. L’Italia è il primo esportatori in Usa, con 2 milioni di ettolitri. Dal 2001 al 2004 il valore del vino esportato negli Stati Uniti è cresciuto molto in fretta (+21%) delle quantità esportate (+17%). Bene anche sul mercato britannico: dal 2001 al 2004 +25%, con un aumento del valore del 27% pari a 311 milioni di euro. In crescita anche il mercato canadese e le esportazioni in Spagna, Russia (+139,4% in quantità e +177,6% in valore), Australia, Nuova Zelanda, e nel corso degli ultimi due anni in Cina (+97,8% in quantità e +115,4% in valore) (fonte: Città del Vino, Coldiretti, Fondazione Symbola).

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