8.12.17

Pizza Unesco: scambiare fischi per applausi

#Controcorrente
Leggo con piú attenzione la motivazione finale UNESCO su questione pizza.
Innanzitutto meglio ribadire che non é la pizza che é diventata patrimonio dell'umanitá ma il modo in cui si fa a Napoli. Ma con quale motivazione? Perché ci vedono sempre come I soliti pulcinella, morti di fame che teatralizzano la propria vita per campare. Si parla di Bancone "palcoscenico" in cui pizzaiolo e ospiti si impegnano in un rito sociale e di ragazzi scampati alla marginalitá ma sottintendono criminalitá, che si sono salvati diventando pizzaiuoli...

Non so se ora mi sento di festeggiare questa cosa approfondendo la lettura della motivazione. Del resto poi, per me e credo per tutti, non c'era bisogno del riconoscimento UNESCO per dire che la pizza é il miglior alimento del mondo.
Motivazione Unesco:
"Il know-how culinario legato alla produzione della pizza, che comprende gesti, canzoni, espressioni visuali, gergo locale, capacità di maneggiare l'impasto della pizza, esibirsi e condividere è un indiscutibile patrimonio culturale. I pizzaioli e i loro ospiti si impegnano in un rito sociale, il cui bancone e il forno fungono da "palcoscenico" durante il processo di produzione della pizza. Ciò si verifica in un'atmosfera conviviale che comporta scambi costanti con gli ospiti. Partendo dai quartieri poveri di Napoli, la tradizione culinaria si è profondamente radicata nella vita quotidiana della comunità. Per molti giovani praticanti, diventare Pizzaiolo rappresenta anche un modo per evitare la marginalitá"

22.8.17

#Ischia No alla cultura dell'abusivismo e dei condoni

In queste ore sentiremo parlare di nuovo di prevenzione e di sicurezza poi ci sarà il silenzio assoluto, come è già successo per il sisma delle Marche, del Lazio, dell'Umbria e dell'Abruzzo. “Passato il santo è passata la festa” si dice a Napoli.
Bisogna invece passare dalle parole ai fatti. Fatti concreti e investimenti certi per istituire per legge “Il Fascicolo del Fabbricato” che darebbe la possibilità di conoscere e far conoscere lo stato di sicurezza di ogni singolo fabbricato e intervenire per tempo.
Contemporaneamente, bisogna dire con forza e determinazione no alla cultura dell'abusivismo e dei condoni di qualsiasi tipo che spesso hanno dato vita a brutti edifici quasi sempre fabbricati in fretta e con materiali scadenti e per questo corresponsabili di tantissimi danni all'uomo e al territorio

28.7.17

Moiariello - Maturo, il signore delle scale




IL VIAGGIO DEL CORRIERE DEL MEZZOGIORNO TRA I GUARDIANI DI BELLEZZA/5

Maturo, il signore delle scale di Napoli di Alessandro Ghetta 27 luglio 2017

Con un coordinamento di dieci associazioni ha riacceso i riflettori sulle rampe di Napoli
Stanziati 10 milioni


Carmine Maturo è uno scaligero del Moiariello, per lui Napoli è un Lego di gradini e gradoni, vrecce e basoli, sbeccati, stinti, incantevoli. Ogni profilo della città obliqua conserva una rampa; e se la quarta guerra mondiale la combatteremo con le pietre (Einstein) allora l'ultima Tangenziale di Napoli saranno le scale pubbliche. Se ne contano oltre duecento; alcune di mero transito, altre fanno quartiere. Il coordinamento di associazioni che Carmine presiede promuove e da lustro alle gradinate storielle. «La nostra — racconta — è una città di colline. San Martino, Camaldoli, Capodimonte, Santa Teresa, ora nascoste sotto cemento e modernità. Nei secoli per facilitare la mobilità ci siamo dotati di scalinate. Nei punti in cui insistono si ricompone l'ecosistema relazionale del vicolo. Valorizzarle perciò significa farsi carico anche dell'ambiente che le circonda». 
Il postulato: prendersi cura delle scale, diffuse ovunque, è prendersi cura di tutta Napoli. Per personale filosofia urbanistica Maturo da le spalle al mare. «La mia bussola è la Tavola Strozzi: cosi si dovrebbe guardare la città». La terribile eruzione del 1631 ha curvato l'oleografia verso il Vesuvio, nostro padrone di casa. «Già. Ma se la "cartolina" classica inquadra solo baia e vulcano buona parte della metropoli viene esclusa». È il paradosso della Torre Eiffel: se ammiri Parigi da lassù ti godi il panorama della Ville Lumière.. . meno la Torre Eiffel.
Carmine, discretamente logorroico, l'abbronzatura maori interrotta solo da una barbetta sale e pepe, è uno dei nostri «guardiani». Il suo monumento sono le scale che seghettano Partenope. «Luoghi delicati, facile presa del degrado, vanno sorvegliati con costanza». Non ci pare affatto ma ha 58 anni. Sarà il buddismo, abbracciato 20 anni fa. Nasce al Borgo Sant'Antonio, O buvero, da una famiglia di commercianti. Il nonno gestiva il cinema Cairoli . A parte una breve parentesi a Lucrino, ha vissuto sempre a Napoli. Un mezzo secolo è bastevole per conoscere tutto e tutti, almeno sul versante ambientalista (è stato, tra le altre cose, responsabile nazionale turismo di Legambiente). Aveva ancora i calzoni corti quando a 21 anni entrò al Comune in virtù della legge 285 giovani, una vita all'ufficio cultura e turismo. Scrivania al Maschio Angioino ma da poco anche al museo di Capodimonte dove il direttore Sylvain Bellenger, attento a non fare della Reggia borbonica il Castello di Cenerentola, ha chiesto un ufficetto comunale ad hoc, per relazionarsi meglio al territorio. Maturo veste bene il ruolo: ama le scale e sulle scale ci vive. Abita da 18 anni in un appartamento alle rampe Morisani, che a piedi servono Foria e in cima la Porta Grande del Bosco dove ai tornanti silenziosi e puliti fanno ombra la Torre del Palasciano e il vessillo dei Nuovi Templari (sic). Diciamola bene: praticità zero, a far le scale ci vogliono polmoni. «Non è così. Certo i medici ortopedici avrebbero qualcosa da ridire, in compenso i cardiologi consigliano di farle. Inoltre, per esempio, da casa mia per scendere al centro impiego meno di dieci minuti. Con l'auto venti, se c'è traffico anche di più». Ha solo sfiorato la politica dei partiti. È un militante che fa (parecchia) pressione dal basso, adesso col movimento Green Italia. Qualcuno l'ha definito un attivatore di processi. Sul finire degli anni '90, similis cum simiîibus, insieme con Pierluigi Sanfelice di Bagnoli, Salvatore Testa, Mimmo Ferrante e Camilla Aulisio, accende una luce sulle scale, dimenticate da Dio e dal Comune, che di fatto le escludeva dalla manutenzione ordinaria. Non erano catalogate quali strade primarie. Ridotte a letto per eroinomani. Oggi invece, miracolo, sono state inserite addirittura nel Patto per Napoli. Fondi per 10 milioni di euro. «Ma quale miracolo — ribatte —. È il risultato di un tenace lavoro nel tempo. Fondammo il Comitato recupero scale nel 2000 poi ampliatesi in Coordinamento, con oltre dieci associazioni, motore di tante iniziative (vedi www.scaledinapoli.com, ndr)». L'apogeo è «Tu scendi dalle scale» manifestazione del Natale 2014 che segnò il ritomo delle rampe sulle mappe turistiche. Pedamentina, ovviamente.  Petraio, ovviamente. ParadisielloCalata San Francesco, Santa Barbara, San Marcellino, Cerriglio, via Piazzi dove la Loren, perpetuamente incinta- «tene 'a panza» - contrabbandava sigarette nel film da Oscar Ieri oggi e domani. «La Pedamentina — rammenta — è l'unica costruita ad hoc per raggiungere Castel Sant'Elmo. Le altre in origine erano canaloni che congiungevano monasteri. Al top comunque metto la scalinata dellaPrincipessa Jolanda, disegnata dal Niccolini, al tondo di Capodimonte».

Dal Moiariello i grattacieli del Centro direzionale paiono vicini, laccano lo skyline come coltelli di Warhol. Passa un signore in scooter. «Mi sapete indicare le rampe Morisani?». Il guardiano è del posto: «Tornate indietro, pochi metri e ci siete. Però dovete parcheggiare il motorino. Ci sono le scale» e quella parola chiave gli rimbomba in bocca, fa l'eco. Scale-aie-ale-aie-ale. 

4.7.17

Crudele allineamento di Italia, Germania e Francia contro i migranti e le Ong

E’ crudele l’allineamento della triplice alleanza Italia, Francia e Germania alle posizioni più demagogiche  in tema di migrazioni e salvataggi in mare. Il Ministro Minniti ha fatto sua la fake news dei ‘taxi del mare’ propugnata da politici senza scrupoli e assesta un colpo micidiale non solo alla sicurezza di migliaia di migranti, ma anche alla reputazione delle ong che finiscono per essere il facile capro espiatorio di politiche migratorie fallimentari”.
Lo dichiarano l’esponente di Green Italia Francesco Ferrante e il  co-portavoce del movimento politico ecologista Carmine Maturo in merito al summit di Parigi tra Italia, la Francia e la Germania.
“Dopo mesi di battage mediatico, sospinto da dichiarazioni di populisti e xenofobi professionisti, si è deciso – continuano gli esponenti di Green Italia – di dare in pasto all’opinione pubblico il colpevole, ovvero le organizzazioni non governative che hanno supplito alle mancanze delle istituzioni europee portando in salvo centinaia di migliaia di uomini, donne e bambini. Ong che stanno già accusando il colpo di questa criminalizzazione: nei sondaggi cala drasticamente la fiducia nei loro confronti, e rischiano di conseguenza di calare le sovvenzioni – totalmente private – a loro favore.
“A Minniti sembra essere riuscito il colpo ad effetto di togliere argomenti al vasto fronte di destra, più o meno dichiarato, che c’è in Italia. Alle forze politiche in Parlamento che parlano di civismo e riscossa dei valori della solidarietà l’obbligo di fare le barricate contro questo primo tremendo  accordo internazionale” – concludono Ferrante e Maturo.

26.6.17

Caro Pisapia, per unire i progressisti partiamo dall’ecologia

Caro Giuliano, care amiche e cari amici di “Campo progressista”, noi di “Green Italia”, impegnati per ricostruire una presenza forte e visibile della cultura ecologista nella politica italiana, guardiamo con interesse al vostro appuntamento del 1° luglio e in generale all’obiettivo, che condividiamo con voi e con tanti altri, di proporre un progetto politico con solide radici nelle culture progressiste e al tempo stesso proiettato nelle sfide in parte inedite da cui dipende il futuro dell’Italia e dell’Europa. 

Per noi l’ecologia è uno dei banchi di prova decisivi su cui misurare questa capacità di vedere e orientare il futuro: dalla lotta globale contro il “climate change” a quella tutta italiana contro le ecomafie, dall’urgenza di una rivoluzione energetica nel segno dell’efficienza e delle fonti rinnovabili alla prospettiva di un “green new deal” come via maestra per creare lavoro e benessere migliorando l’ambiente in cui viviamo, il punto di vista ecologico è oggi un ingrediente indispensabile di qualunque politica che si voglia autenticamente e credibilmente “progressista”. 

Tra la rincorsa frequentatissima a chi fa meglio la destra e l’elevato tasso di strumentalità e vacuità dell’attuale dibattito politico, di fronte a un Partito democratico che a partire dalle politiche ambientali e sociali (norme a favore delle trivelle e contro le rinnovabili, rilancio del Ponte sullo Stretto, “jobs act”…) è ormai attestato su posizioni sostanzialmente conservatrici, è giunto il momento per chi continua a credere in una politica progressista dei valori, dei programmi, dei comportamenti coerenti, a confidare in un cambiamento radicale non solo teorizzato ma capace di misurarsi con la prova del governo – siano forze politiche in senso stretto, associazionistiche o civiche -,  di uscire dal proprio terreno di gioco acquisito, di valorizzare le esperienze di rete e sinergia già in essere (tra queste la nostra collaborazione con Possibile, da cui è nata la “costituente delle idee” e la Legge di Iniziativa Popolare sulla nuova energia), di deporre le zavorre delle incomprensioni e diffidenze reciproche e di trovare uno spazio comune di lavoro, che ricostruisca, con progetti e proposte concreti, quella speranza e quella visione di futuro di cui si avverte un immenso bisogno. In questo spirito abbiamo partecipato alla recente assemblea del Teatro Brancaccio a Roma: collegare le nostre sensibilità plurali, le nostre differenze, in un progetto di cambiamento della politica e con la politica. 

Tale cammino, ripetiamo, può trovare forte ispirazione in quella grande scuola di pensiero e di azione che è l’ecologia, il cui confinamento a “questione di rilievo minore” ha contribuito al fallimento delle strategie e politiche di sviluppo, economiche e occupazionali degli ultimi decenni.

Siamo infatti convinti che un progetto di governo per il Paese nuovo e di ampio respiro non possa che porre al centro della propria strategia il contrasto senza quartiere ai cambiamenti climatici, pretendendo un ruolo dell’Europa da protagonista; non possa che centrarsi sulla conversione ecologica dell’economia e della società, sul rifiuto di normative criminogene come la Legge Obiettivo delle grandi opere inutili, o fossili come lo “Sblocca-Italia” delle trivelle, del cemento e degli inceneritori; non possa che dare spazio e priorità a diritti tanto primari quanto dimenticati come quelli a non ammalarsi di inquinamento (magari in cambio di un lavoro, magari no), ad avere aria, acqua, cibo che nutrano invece di avvelenare, a recuperare una qualità della vita perduta in tante grandi città, ad avere case, strade, edifici ed infrastrutture sicuri, resilienti ed efficienti, invece che divorati dall’incuria e dai saccheggi.

Insomma siamo convinti che la sinistra debba osare intestarsi la maternità (maternità, sì. Perché per farlo serve valorizzare e stimolare l’emersione delle competenze delle donne) di una vera rivoluzione di pensiero centrata tra l’altro sul paradigma ecologico, indispensabile per porre un argine concreto al disfattismo, al benaltrismo, all’inerzia, alla paura sempre più diffusi. Van der Bellen in Austria, il partito di Jessie Klaver in Olanda, le esperienze civiche innovative come le coalizioni delle sindache Ada Colau a Barcellona e Manuela Carmena a Madrid, alcune esperienze amministrative di grande speranza e rinnovamento in essere in Italia lo dimostrano: l’ecologia è sempre di più una chiave decisiva per organizzare una sinistra al tempo stesso radicale e di governo, plurale, capace di fronteggiare con successo sia l’avanzata delle forze nazionaliste, sia la crisi strutturale di consenso e di “credibilità riformista” dei partiti socialisti.

Vogliamo dire forte e chiaro che chi inquina deve pagare (anche attraverso una revisione della fiscalità); che gli accordi di Parigi sul clima vanno attuati da subito, non solo sbandierati nelle grandi occasioni (a partire da una revisione della strategia energetica e dei trasporti nazionale, coerente con un piano-clima che arrivi al 2050); che l’Italia deve cogliere subito, prima ancora che ce lo chieda l’Europa, l’occasione storica di quella economia circolare che può dare lavoro sicuro e sviluppo sostenibile e che già vede tante aziende italiane protagoniste, o per incentivare la  possibilità di auto-produrre, auto-consumare e scambiare energia pulita. E vogliamo dire che ci vuole molta più Europa per affrontare con coesione e coraggio i temi dell’accoglienza, dei diritti, dell’economia, perché le sfide che dobbiamo affrontare travalicano ampiamente i confini del nostro Paese.

Insomma: mentre moltissimi si affannano a parlare alla “pancia” degli italiani, noi vogliamo mettere l'ambiente nel cuore e nella testa delle persone, della politica e della sinistra. A partire dalle parole che si usano, dalla lente attraverso la quale si osservano i fenomeni e i problemi, fino alla consapevolezza profonda e quotidiana della responsabilità che abbiamo verso le generazioni presenti e future, in qualunque luogo del pianeta si trovino.

Su questa strada, siamo pronti a dare il nostro contributo. Ci vediamo a Roma il 1° luglio.

I portavoce di “Green Italia”: Annalisa Corrado e Carmine Maturo

Bene l’appello di Falcone e Montanari. Parliamo al cuore delle persone, non alla pancia


Assistiamo con grande interesse alla mobilitazione seguita all’appello di Anna Falcone e di Tomaso Montanari; una iniziativa che punta a rompere quella sorta di attrazione fatale verso schemi e giochi politicistici già visti, che arriva puntuale, apparentemente inesorabile, quando si avvicina il momento della competizione elettorale.
Tra la rincorsa a chi fa meglio la destra, la “sovranità del sondaggio”, la manipolazione e la vacuità del dibattito politico, è indubbiamente giunto il momento in cui le forze più costruttive, coerenti e vive del Paese, siano esse politiche in senso stretto, associazionistiche o civiche, hanno il dovere di uscire dal proprio terreno di gioco acquisito, di valorizzare le esperienze di rete e sinergia già in essere (come quella rilanciata e potenziata con la “costituente delle idee” di Possibile, a cui abbiamo contribuito in prima persona, come molti degli attori e delle persone che ritroveremo a Roma all’evento del 18 giugno), di deporre le zavorre delle incomprensioni e delle diffidenze e di trovare uno spazio comune di lavoro, che ricostruisca, con progetti e proposte concreti, quella speranza e quella visione di futuro di cui c’è un immenso bisogno.
Perché tutto ciò possa accadere, a nostro parere, c’è bisogno di trovare ispirazione e fondamento in quella grande scuola di pensiero e di azione che è l’ecologia, il cui confinamento a “questione di rilievo minore” ha contribuito al fallimento delle strategie e politiche di sviluppo, economiche e occupazionali degli ultimi decenni.
Siamo convinti che un progetto di governo per il Paese nuovo e di ampio respiro non possa che porre al centro della propria strategia il contrasto senza quartiere ai cambiamenti climatici, pretendendo un ruolo dell’Europa da protagonista; non possa che centrarsi sulla conversione ecologica dell’economia e della società, sul rifiuto di normative criminogene, come la Legge obiettivo delle grandi opere inutili, o fossili come lo sblocca Italia (delle trivelle, del cemento e degli inceneritori); siamo convinti che vadano recuperati diritti tanto primari quanto dimenticati come quelli a non ammalarsi di inquinamento (magari in cambio di un lavoro, magari no), ad avere aria, acqua, cibo che nutrano invece di avvelenare, a recuperare una qualità della vita perduta in tante grandi città, incapaci persino di valorizzare e proteggere i propri patrimoni inestimabili, ad avere case, strade, edifici ed infrastrutture sicuri, resilienti ed efficienti, invece che divorati dall’incuria e dai saccheggi.
Insomma siamo convinti che la sinistra debba osare di intestarsi la maternità (maternità, si. Perché per farlo c’è bisogno di valorizzare e stimolare l’emersione delle competenze delle donne) di una vera rivoluzione di pensiero, capace di porre un argine concreto al disfattismo, al benaltrismo, all’inerzia, alla paura. Van der Bellen in Austria, il partito di Jessie Klaver in Olanda, le esperienze civiche innovative come le coalizioni delle sindache Ada Colau a Barcellona e Manuela Carmena a Madrid, alcune esperienze amministrative di grande speranza in essere sul territorio nazionale ce lo dimostrano: l’ecologia si dimostra sempre di più una chiave decisiva per organizzare una sinistra al tempo stesso radicale e di governo, plurale, capace di fronteggiare con successo sia l’avanzata delle forze nazionaliste, sia la crisi strutturale di consenso e di “credibilità riformista” dei partiti socialisti.
Vogliamo dire forte e chiaro che chi inquina deve pagare (anche attraverso una revisione della fiscalità), che gli accordi di Parigi vanno attuati da subito, non solo sbandierati nelle grandi occasioni (a partire da una revisione della strategia energetica e dei trasporti nazionale, coerente con un piano clima che arrivi al 2050), che non c’è bisogno di aspettare la direttiva europea per cogliere l’occasione storica dell’economia circolare, nella quale in Italia si eccelle con moltissime esperienze innovative, o dell’ampliamento delle possibilità di auto-produrre, auto-consumare e scambiare energia pulita, vogliamo dire che ci vuole più Europa per affrontare con coesione e coraggio accoglienza, diritti, economia, regole comuni, perché le sfide che dobbiamo affrontare travalicano ampiamente i confini del nostro Paese.
Mentre tutti fanno a gara a parlare alla pancia, insomma, vogliamo mettere l'ambiente nel cuore e nella testa delle persone, della politica e della sinistra. 
A partire dalle parole che si usano, dalla lente attraverso la quale si osservano i fenomeni, fino alla consapevolezza profonda e quotidiana della responsabilità che abbiamo con le generazioni presenti e future, in qualunque luogo del pianeta si trovino.
Su questa strada, siamo pronti a dare il nostro contributo.
I Portavoce
Carmine Maturo e Annalisa Corrado