Non c'è alcun biglietto d'ingresso da pagare per ammirarlo e nemmeno si trova in un Museo, è stato scolpito da uno dei maggiori scultori trasferitosi a Napoli nel 500'.
Si tratta del Cristo crocifisso scolpito nel marmo da Michelangelo Naccherino nel 1599 ed originariamente esposto nella Cappella dei Duca di Caselluccia nella Chiesa dello Spirito Santo.
Lo ritrovò Tito Angelino nel 1835 nascosto e abbandonato in un ripostiglio della Sagrestia. Fu stimato di grande valore artistico dal Ministero del tempo, il quale, apprezzando la bellezza dell'opera, deliberò l'esposizione nel Museo degli Studi.
Successivamente al restauro della Chiesa San Carlo All'Arena, il Crocifisso fu trasferito e collocato sull’altare maggiore della Chiesa e lì vi rimase per quasi cento anni, fino al 1927, quando un furioso incendio distrusse la Chiesa e il Cristo crollò al suolo sbriciolandosi in tanti pezzi.
Successivamente, il Crocifisso venne restaurato e le evidenti fratture ricomposte oggi esaltano la sofferenza ed enfatizzano la passione del Cristo evidenziando la bellezza della scultura del Naccherino, e originando poi grande devozione.
La costruzione della Chiesa è dedicata a San Carlo Borromeo, fu voluta dai Circestensi tra il 1636 e 1632 su progetto di Frà Nuvolo, il domenicano Giuseppe Donzelli.
L'appellativo all'Arena è dovuto ai detriti (la rena in napoletano) che dalle Colline di Capodimonte e MIradois si incanalavano e ancora, quando piove forte, scorrono in Via Foria, fino all'Arenaccia.
Di fatto, la chiesa ha dato il nome all'intero quartiere.
La pianta della Chiesa è sul modello del Pantheon di Roma: una cupola con sette cappelle.
Lo ritrovò Tito Angelino nel 1835 nascosto e abbandonato in un ripostiglio della Sagrestia. Fu stimato di grande valore artistico dal Ministero del tempo, il quale, apprezzando la bellezza dell'opera, deliberò l'esposizione nel Museo degli Studi.
Successivamente al restauro della Chiesa San Carlo All'Arena, il Crocifisso fu trasferito e collocato sull’altare maggiore della Chiesa e lì vi rimase per quasi cento anni, fino al 1927, quando un furioso incendio distrusse la Chiesa e il Cristo crollò al suolo sbriciolandosi in tanti pezzi.
Successivamente, il Crocifisso venne restaurato e le evidenti fratture ricomposte oggi esaltano la sofferenza ed enfatizzano la passione del Cristo evidenziando la bellezza della scultura del Naccherino, e originando poi grande devozione.
La costruzione della Chiesa è dedicata a San Carlo Borromeo, fu voluta dai Circestensi tra il 1636 e 1632 su progetto di Frà Nuvolo, il domenicano Giuseppe Donzelli.
L'appellativo all'Arena è dovuto ai detriti (la rena in napoletano) che dalle Colline di Capodimonte e MIradois si incanalavano e ancora, quando piove forte, scorrono in Via Foria, fino all'Arenaccia.
Di fatto, la chiesa ha dato il nome all'intero quartiere.
La pianta della Chiesa è sul modello del Pantheon di Roma: una cupola con sette cappelle.
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